Per una grammatica ragionevole
di Benedetta Nanni
1.1 Ovvietà e resistenze
«Quest’analisi (scil.propostagli durante il ginnasio) era inoltre una frode. […] Tutti quei complementi che in italiano sono introdotti dalla preposizione di erano complementi di specificazione ogni qual volta corrispondessero a un genitivo, ma si distingueva un complemento di materia, perché esso in latino è risolto diversamente […]. Il primo servigio che l’istruzione linguistica del maestro può recare ai giovani è negativo: quello di impedirgli di falsificare l’italiano.» (Giorgio Pasquali)
Questo il giudizio di Giorgio Pasquali, settant’anni fa: di fatto però l’impostazione tradizionale della riflessione linguistica, nonostante la critica cui viene sottoposta da più parti (pochi insegnanti ammetterebbero di insegnare la grammatica così come l’hanno studiata i loro nonni), è dura a morire. Un esempio per tutti: il retaggio secolare che vuole lo studio della grammatica italiana asservito a quello del latino, come nella persistenza della differenziazione fra complemento d’agente e di causa efficiente, in italiano del tutto ingiustificata.
Nei fatti le proposte sperimentali di rinnovamento sono rimaste a livello di ricerca accademica o esperienza di nicchia, e sono passate come meteore, spesso perché sentite come troppo diverse (a partire dalla nomenclatura – attanti, nodi, traslazione ecc…–, percepita come rivoluzionaria e inapplicabile).